In questo quadro c’è un incontro profondo fra linguaggi diversi. Da una parte c’è il linguaggio pittorico, con quello che appare un cappello da mago e delle sfere opalescenti, come perle in un gioco di magia. Dall’altro tre semplici formule, legate a coni e sfere ma con una caratteristica particolare, se ci soffermiamo su di esse: due descrivono la superficie e il volume della sfera, e una descrive la superficie laterale del cono. Che cosa ci dicono? Se guardiamo con attenzione la figura a sinistra del quadro, scopriamo una profonda ambiguità: il cono è pieno o è vuoto? E la sfera, al cui interno non possiamo vedere? Se il cono è pieno, allora la sfera non è più tale perché manca la parte superiore, occupata dal cono. Ma le formule ci svelano ciò che non possiamo vedere con i nostri occhi: la sfera è proprio piena, come ci dicono le formule della superficie e del volume, mentre il cono è veramente un cappello a punta, per la formula della superficie laterale!
Questo quadro è una potente metafora di come la matematica ci dia gli strumenti per “capire” il mondo, al di là dei suoi aspetti superficiali. Infine c’è un terzo linguaggio che si esprime in questo quadro: ed è quello del ritmo, della musica, dato dalla ripetizione degli oggetti e dalla loro disposizione spaziale, quasi note sul pentagramma.